Il tipo e la quantità della dieta abitualmente consumata svolgono un preciso ruolo – in genere di grande importanza – nel determinare livelli e distribuzione delle diverse componenti della frazione lipidica del sangue: colesterolo totale, colesterolo legato alle HDL o alle LDL, trigliceridi, eccetera. L’alimentazione abituale, se eccessiva o squilibrata, é quindi spesso determinante nell’introdurre o comunque nel facilitate l’alterazione di questi parametri, con tutti i rischi che ne conseguono.

Non a caso il primo approccio terapeutico a una dislipidemia, cioé a un eccesso di grassi, deve tassativamente essere — e su questo il consenso e generale! — un intervento sulla alimentazione e sullo stile di vita (maggiore attività fisica), per passare poi soltanto in una seconda fase — se necessario e dopo un congruo periodo — anche ad altri tipi di cura, conservando comunque i nuovi comportamenti alimentari.

 

Le correlazioni tra alimentazione e quantità di colesterolo presente nell’organismo (e quella circolante nel sangue) sono così schematizzabili: i livelli ematici del colesterolo, e soprattutto delle frazioni più pericolose, tendono ad aumentare se la dieta é ipercalorica, con un eccesso quindi di calorie; troppo ricca in grassi e in grassi animali (nei quali abbondano gli acidi grassi saturi: quelli implicati sono il laurico, il palmitico e il miristico), in colesterolo, in alcol, in zuccheri semplici.

 

Gli specialisti di tutto il mondo sono d’accordo che per prevenire o correggere una ipercolesterolemia occorre seguire quella dieta «prudente», indicata anche nelle Iinee-guida alimentari italiane. Una dieta molto variata ed equilibrata, energicamente adeguata agli effettivi bisogni (capace quindi di normalizzare il peso corpo-
reo e mantenerlo ai giusti livelli). Lo schema e semplicissimo:

 

– molti prodotti vegetali, con buone fonti di carboidrati complessi e di fibre;

 

– giuste quantità di prodotti animali (cami, latte e formaggi, pesce);

 

– corretta quantità di grassi e di colesterolo

 

– ridotto uso del sale a dell’alcol (quest’ultimo meglio se da vino e ai pasti).

 

Come premesso, la «dieta prudente» non sempre basta da sola a risolvere la situazione, per esempio nel caso delle dislipidemie familiari su base genetica. Si tratta però sempre del primo passo da compiere, e gli stessi principi dietetici devono poi in ogni caso continuare ad essere osservati come supporto a completamento di qualunque tipo di terapia farmacologica che il medico, soltanto lui, dovesse ritenere necessaria.