È ormai ampiamente dimostrato che non bisogna demonizzare il consumo degli zuccheri semplici, ma semplicemente moderarlo in modo da garantire al nostro organismo un’alimentazione equilibrata
I vantaggi e gli svantaggi dell’uso dello zucchero da parte dell’uomo costituiscono una delle questioni più controverse e dibattute della moderna scienza della alimentazione, anche perché lo zucchero, in quanto oggetto di formidabili interessi ed attenzioni ideologiche e commerciali, è stato troppo spesso demonizzato esageratamente.
Premesso che il gusto dolce è antico quanto il mondo ed è presente in noi fin dalla nascita, la guerra ebbe inizio principalmente da quando, negli anni ’60, il medico inglese John Yudkin pubblicò i risultati di alcuni suoi studi che sembravano dimostrare che il saccarosio, ossia lo zucchero da tavola, provocasse danni alle coronarie ed infarto. Il valore di queste ricerche era molto limitato (solo 71 soggetti, parte dei quali già malati, e valutazione statistica scadente), ma l’efficacissimo titolo scelto per il libro (“Bianco, dolce e mortale) fece sì che l’eco dirompente di queste affermazioni durasse a lungo, tanto da essere ancora oggi presente nella mente di molte persone.
Naturalmente la ricerca scientifica si è ampiamente occupata del problema nei decenni successivi, ridimensionando le precipitose conclusioni di Yudkin e stabilendo che il consumo degli zuccheri semplici ha colpe solo marginali nelle malattie dell’apparato cardiovascolare, al contrario dei grassi e in particolare di quelli saturi, e può cooperare a provocare un aumento del peso non per colpe specifiche ma solo come fonte aspecifica di calorie in eccesso, esattamente come accade per qualunque altro alimento (e i carboidrati, ai quali lo zucchero appartiene, apportano solo 4 calorie per grammo contro le 9 dei grassi e le 7 dell’alcool).
Questa riabilitazione di un uso moderato degli zuccheri semplici, (presenti in natura come saccarosio, glucosio, lattosio, fruttosio, ecc.) ha attenuato notevolmente anche il coinvolgimento degli zuccheri nell’insorgenza del diabete dell’adulto (oggi si dà importanza soprattutto all’indice glicemico dell’alimento o, meglio, del pasto) e in quella delle carie dentale, malattia multifattoriale nella quale i principali agenti in gioco sono, insieme ai carboidrati fermentescibili rimasti negli interstizi dentari, i batteri presenti nella bocca, la resistenza dello smalto e l’acidità della saliva, e contro la quale l’arma migliore rimane una accurata igiene orale.
In sintesi, la ricerca moderna, che fin dai Dietary Goals statunitensi degli anni ’70 aveva reso lecito un consumo di zuccheri semplici nell’ambito del 15% delle calorie complessive, oggi (OMS) indica un tetto del 10% per i soli zuccheri aggiunti (con qualche tendenza ad abbassarlo ulteriormente), oppure (American Heart Ass., 2011) un limite di 5 cucchiaini al giorno di zuccheri aggiunti per le donne, e di 7 cucchiaini per l’uomo.
Insomma, moderare il consumo sia degli zuccheri che degli alimenti dolci, ma nessun valido motivo per cancellarlo. E l’ultima conferma di questa posizione della scienza ufficiale viene dalla revisione 2012 dei “Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana”, pubblicata dalla Soc. Italiana di nutrizione Umana. Il livello da non superare per gli zuccheri, che era del 10-12% delle calorie totali nella edizione 1996, è stato portato al 15%, comprendendo quelli apportati dai dolci, dalla frutta, dagli ortaggi e dal latte e ammonendo che andare oltre il 25% “è potenzialmente legato ad eventi avversi per la salute”.
È una conferma degli aurei principi della moderazione e di quanto sia importante prendere in esame il complesso della nostra alimentazione, fermo restando che, come ammoniscono le nostre preziose Linee Guida Italiane, un consumo troppo elevato di zuccheri può portare a un regime dietetico squilibrato e/o eccessivo sotto il profilo energetico e quindi rischioso per la salute.