Nel parlare di alimenti e di alimentazione esiste una pessima abitudine, ormai molto generalizzata, che consiste nel definire sbrigativamente con il termine “carboidrati” i vari prodotti amidacei, quali i cereali e i loro derivati, e con il termine “proteine” la carne, il pesce e le uova.
Si tratta di semplificazioni che hanno preso molto piede nel parlare comune, e purtroppo anche nel modo di esporre di alcuni cosiddetti esperti. Il guaio è che questi modi di dire, oltre ad essere superficiali e imprecisi, diventano anche fuorvianti e diseducativi in quanto forniscono un’idea sbagliata e incompleta circa le reali caratteristiche nutritive di questi importanti alimenti.

In effetti queste definizioni sono concettualmente assurde. Come è possibile, ad esempio, chiamare “carboidrato” la pasta o il pane, prodotti che contengono anche potassio, fosforo, niacina, ma soprattutto notevoli quote di proteine?
Chi glielo va a spiegare al signor Rossi che mangiare 100 grammi di pasta significa assumere, insieme a 62 grammi circa di amido (il solo a poter essere correttamente definito “carboidrato”), anche 11 grammi di proteine vegetali, che rappresentano più o meno un sesto della quota giornaliera di proteine che spetta ad un adulto medio, e quasi un terzo della quota consigliata delle sole proteine vegetali? E che i 100 grammi di pane con i quali accompagna il suo pasto gli forniscono sì 55-60 grammi di amido ma anche dagli 8 ai 9 grammi di proteine derivate dal frumento, ossia – ancora una volta – una frazione non indifferente del suo fabbisogno proteico quotidiano?

E allora, che senso ha chiamare semplicisticamente “carboidrati” alimenti capaci di fornirmi tante proteine?

 

E che dire poi dell’altra generica definizione, quella che riguarda le stesse “proteine”? Nelle carni, ad esempio, esse assommano mediamente al 18-22%. Quindi, quando indichiamo questo cibo come se fosse un puro e semplice veicolo di proteine, induciamo inevitabilmente il consumatore a trascurare tutte le altre qualità nutritive tipiche dell’alimento in questione e diamo un’idea incompleta ed errata del ruolo che può effettivamente svolgere nel complesso di una alimentazione correttamente variata.

La carne, tanto per dire, presenta pregi nutritivi importanti e misconosciuti. Ad esempio, contribuisce in modo decisivo a coprire i bisogni in varie vitamine del gruppo B: biotina, piridossina, niacina, tiamina, riboflavina, acido pantotenico ma soprattutto l’importantissima B12 (assente nei prodotti vegetali), della quale la carne è la fonte alimentare principale e che in essa è presente in una forma ad alta biodisponibilità.
Inoltre, ci assicura notevoli quantità di importanti minerali, quali il potassio, il fosforo, lo zinco, il rame e il selenio ma soprattutto il ferro, un elemento la cui carenza è motivo di seria preoccupazione anche in Paesi ad elevato tenore di vita. Il problema è che di ferro negli alimenti non ce n’è molto e, come non bastasse, solo una piccola parte viene assimilata ed utilizzata dal nostro organismo. Ebbene, il ferro presente nelle carni e nei pesci non solo è quello più facilmente utilizzabile, ma ha anche il pregio di facilitare l’assorbimento del ferro presente in quei vegetali che vengono associati nel medesimo pasto.

Per non parlare poi di altri alimenti anche’essi spesso sbrigativamente e infelicemente etichettati come semplici “proteine”. Una definizione che tende a far trascurare, per fare solo pochi esempi, il prezioso apporto di iodio, di vitamine B12 e di acidi grassi omega3 del pesce, quello di tanto calcio altamente assimilabile dei formaggi, quello in vitamine A e D e B12 delle uova, ecc.
In sintesi, richiamare all’attenzione queste qualità può servire a correggere alcuni modi di dire che fanno disinformazione proprio in quanto trasmettono un’immagine lacunosa e distorta circa il ruolo e la dignità nutritiva di intere classi di alimenti ad un pubblico che spesso – per comprendere la funzione dei cibi che consuma – dispone soltanto di queste definizioni imprecise e diseducative, purtroppo sancite e codificate anche dall’uso corrente che se ne fa sui mass media.