Friggere rappresenta un tradizionale modo di cuocere molto comune nella nostra cucina ed include tutte le operazioni di cottura nelle quali il trasferimento del calore avviene attraverso un grasso. Le tipiche caratteristiche dell’alimento fritto derivano dalle trasformazioni chimico-fisiche che si verificano nell’olio e nell’alimento stesso: l’alimento cede acqua e sostanze grasse e assorbe olio, mentre nel grasso di cottura si sviluppano complesse reazioni chimiche (idrolisi, ossidazione, ecc.) che danno origine a nuovi composti, alcuni dei quali possono essere assorbiti dall’alimento.
Quali sono le variabili che determinano la formazione delle sostanze desiderate e/o di quelle potenzialmente dannose? Sostanzialmente la temperatura e la durata della frittura, la natura dell’olio, il tipo di alimento e la tecnologia adoperata.
Esaminiamo queste variabili.
E’ bene che la temperatura non superi a lungo i 180° C (utilissimo il termostato della friggitrice!) perché temperature superiori impoveriscono le proprietà nutritive dell’alimento e accelerano l’alterazione dei grassi, fino alla formazione di sostanze che possono danneggiare la salute.
Il mancato ricambio dell’olio accelera di molto queste alterazioni. Questi rischi sono presenti soprattutto nella frittura industriale e in quella delle collettività e molto meno in quella casalinga, nella quale le alterazioni sono di scarsa entità in quanto la durata è abbastanza breve, gli oli per lo più non vengono riutilizzati e le temperature vanno dai 140 ai 180 ° C, rimanendo mediamente per il 75% del tempo sotto i 160 ° C.
Il tipo di grasso usato conta molto, perché la frittura è un processo di ossidazione accelerato che aumenta con l’aumentare della insaturazione degli acidi grassi presenti nell’olio.
Gli oli più adatti per friggere sono quelli con un più alto “punto di fumo”, che è la temperatura alla quale quel grasso comincia a decomporsi.
Senza scendere in complessi particolari di chimica, basterà dire che su questa base i grassi che si alterano di meno alla cottura sarebbero quelli più ricchi in acidi grassi saturi (burro, strutto, olio di palma), i quali però sono poco consigliabili per un uso abituale perché, come è noto, gli acidi grassi saturi vanno limitati in quanto predispongono alle malattie cardiovascolari.
Gli acidi grassi molto insaturi sono più consigliabili per la salute, ma purtroppo sono molto instabili alle alte temperature. Meglio vanno le cose con i grassi a prevalente presenza di acidi grassi monoinsaturi, come l’olio di arachide e quello di oliva. Il migliore in assoluto (anche se il costo ne limita l’uso al solo 30% della nostra popolazione) è l’olio extravergine di oliva, il cui valore salutare è fuori discussione e la cui buona stabilità al calore è dovuta sia alla presenza di sostanze antiossidanti protettive (fenoliche) che alla prevalenza di sostanze di acidi grassi monoinsaturi (acido oleico).
Anche l’olio di arachide, molto usato insieme a quello di girasole e a miscele di oli vegetali appositamente studiate per la frittura, è prevalentemente monoinsaturo, ma a volte si dimostra allergizzante per soggetti sensibili.
Durante la frittura gli alimenti assorbono quantità di olio variabili dal 15 al 40 % del loro peso, e quindi la loro componente grassa si modifica sia qualitativamente (diviene più simile a quella dell’olio di frittura) che quantitativamente (aumenta), con conseguente incremento anche del valore calorico (1 grammo di grassi = 9 kcalorie!) del prodotto finale. Ma l’uso di olio inizialmente già caldo favorisce, negli alimenti contenenti sia amido che proteine oppure preventivamente infarinati o panati, la formazione di una crosta esterna che conferisce al prodotto aromi particolari e che riduce sia l‘assorbimento di grasso che le perdite di liquidi e di nutrienti, perdite che comunque sono limitate anche dalla brevità della frittura di casa.
In conclusione, concedersi ogni tanto il gusto di una frittura è del tutto lecito. Infatti gli studi disponibili dimostrano che (documento FOSAN, 2010) “nel quadro di una dieta abitualmente equilibrata e variata non sussiste un rischio effettivo per la salute correlato ad un consumo equilibrato di alimenti fritti, purché questi siano ottenuti secondo buone pratiche di preparazione”.
In sintesi: usare olii più idonei (soprattutto extravergine di oliva o arachide arricchito di oleico), evitare temperature oltre i 180° C, limitare l’aggiunta di sale e spezie (accelerano l’alterazione dell’olio), non riutilizzare mai l’olio né aggiungere mai olio fresco a quello usato, dopo la frittura scolare o assorbire dall’esterno l’eccesso di olio assorbito dall’alimento, preferire prodotti di piccole dimensioni.

