Sotto il nome generico di “frutta secca” vengono comunemente inclusi prodotti molto diversi tra loro, quali datteri (ricchi di zucchero), noci, nocciole e mandorle (ricche di grassi e quindi di calorie, ma anche di utili acidi grassi insaturi e fibre) e anche le castagne.
In realtà queste ultime andrebbero più propriamente definite “frutta amidacea” e mostrano caratteristiche molto peculiari, le più positive delle quali sono la ridottissima presenza di grassi (meno del 2% in peso) e la rilevante quantità di fibra (fino a 8 grammi su 100, per una introduzione quotidiana consigliata di circa 30 grammi), di potassio, ferro e calcio (questi due però poco assimilabili), di alcune vitamine del gruppo B e anche di amido: 22 grammi circa ogni 100 grammi di prodotto fresco (più 8,5 grammi di zuccheri solubili).
Il buon contenuto di amido ha fatto sì che per millenni le castagne siano state una vera risorsa alimentare “antifame” per le popolazioni più povere, principalmente in quelle zone di montagna che non disponevano neanche dei cereali minori. La loro farina è stata utilizzata anche per preparare il pane (da qui il nome di “pane dei poveri” o di “pane della montagna”), pur mostrando ben poche analogie con la farina ricavata dal frumento, rispetto alla quale ha un valore nutritivo inferiore, sia perchè contiene meno amido (22% contro il 60%), sia perchè l’amido delle castagne è meno digeribile e meno utilizzabile da parte del nostro intestino.
Questo della digeribilità, insieme alla frequenza con la quale provocano acidità gastrica, rappresenta un po’ un punto debole delle castagne, le quali contengono anche un 11% circa di oligosaccatidi.; questi ultimi, non essendo attaccati dai nostri enzimi digestivi, vengono degradati solo nel colon, provocando, nel caso di consumi abbondanti, una fastidiosa flatulenza da aumentata produzione di gas intestinali. Ma anche in questo caso, come per chi sia in sovrappeso o soffre di diabete, il nocciolo del problema sta sempre nel non esagerare nelle dosi. Al contrario, la ridotta presenza di proteine, rende le castagne adatte per chi è affetto da insufficienza renale.
Un altro aspetto favorevole è quello dell’apporto calorico. Un etto di castagne fresche (peso netto) fornisce solo 170 calorie circa, pur assicurando una buona sensazione di sazietà insieme a circa 3,5 grammi di proteine vegetali. L’apporto di energia sale a circa 200 calorie/etto per le castagne arrostite, nelle quali però l’amido, essendo cotto solo in parte, viene digerito con difficoltà e in modo incompleto. Più digeribile risulta invece l’amido delle castagne lessate (circa 120 calorie/etto) così come quello della farina di castagne utilizzata per preparare dolci della tradizione contadina. Inutile dire che nel caso delle castagne secche il valore calorico aumenta notevolmente, fino a sfiorare 300 calorie/etto. E a proposito di dolci, citiamo anche i “marrons glacés” che si ottengono attraverso una “candidatura” che sostituisce l’acqua cellulare con zuccheri: il risultato è un prodotto squisito ma anche, logicamente, molto più ricco di calorie, circa 350 ogni 100 grammi.
Insomma, la castagna, questo “umile frutto dei boschi”, dimenticato per tutto l’anno e poi magari venduto a peso d’oro per poche settimane sotto le feste, andrebbe recuperato e usato con maggiore regolarità, al posto, magari, di certa frutta tropicale così di moda. Sarebbe giusto farlo per sfruttarne le caratteristiche nutritive, quali il giusto equilibrio fra carboidrati semplici e complessi e il buon apporto in fibre, ricorrendo magari anche alle innumerevoli ricette della tradizione o ai nuovi snacks, sia dolci che salati, che l’industria ha recentemente prodotto utilizzando la farina di castagne convenientemente miscelata ad altri ingredienti.