Il clamore mediatico dei giorni scorsi sulla “guerra” che ONU e OMS avrebbero mosso a certi prodotti tipici italiani, una vera tempesta in un bicchier d’acqua, è stata la migliore dimostrazione di quanto sia difficile mettere d’accordo il linguaggio scientifico con la fretta e le esigenze di sintesi dei mass media e soprattutto con la titolazione di giornali e servizi televisivi.

Eppure sarebbero bastati un po’ di equilibrio e di cautela per evitare, appunto, titoli allarmistici (“il parmigiano come il fumo!”) e reazioni inconsulte, e per spiegare che la presa di posizione dell’OMS altro non era che la “crociata” – vecchia come il cucco – che il mondo scientifico muove da circa 50 anni a quegli eccessi alimentari in grassi saturi, sodio e zuccheri semplici che sono fra i principali responsabili dell’aumentato rischio di malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione arteriosa, alcuni tumori, ecc. ecc.

Niente di nuovo sotto il sole, insomma. E’ da tanto che se ne parla, e le soluzioni proposte sono sempre le stesse:

1) moderare la frequenza di consumo e la entità delle porzioni concedibili di certi alimenti il cui elevato valore nutritivo si accompagna anche ad una elevata “densità” di nutrienti, seguendo le indicazioni che le società scientifiche danno nelle loro Linee Guida Alimentari;

2) avere una vita fisicamente più attiva, il che automaticamente permette di aumentare quantità concedibili e tolleranza;

3) aiutare a fare le giuste scelte con etichette nutrizionali chiare e istruttive;

4) persuadere (e lo si sta facendo) la industria alimentare a realizzare prodotti con livelli minori di zuccheri, di sale e di grassi, specialmente saturi.

5) Migliorare la informazione e la educazione alimentare dei consumatori con iniziative garantite e firmate dalle istituzioni.

Nessuna congiura contro i nostri prodotti tipici, insomma, ma solo la spinta ad essere più sobri nel consumo di determinati alimenti, la cui importanza nutritiva non viene peraltro messa in discussione.

In conclusione, tanto rumore per nulla, con il bel risultato di confondere ancor più le idee di una opinione pubblica già abbastanza frastornata di suo su tanti temi di alimentazione. Ma possibile che sia così difficile affrontare sul piano mediatico questi argomenti con un po’ di buon senso e di saggezza?